Il termine AI washing da qualche tempo compare in articoli e approfondimenti (questo è il contributo in Wikipedia). Ma di cosa si tratta? Il termine “AI washing” descrive l’operazione di “abbellimento” che alcune aziende mettono in atto per far sembrare che i loro prodotti o servizi siano basati su intelligenza artificiale (AI), quando in realtà l’uso di questa tecnologia è marginale o addirittura inesistente. Questa tendenza solleva preoccupazioni perché può essere (o meglio, in alcuni casi, è) fuorviante. Se vogliamo è un effetto dell’hype che circonda l’IA, compresa quella generativa e che vuol essere speso per attirare clienti e attenzione dei media anche quando l’impiego di AI è minimo (o addirittura non c’è). Come già detto si sviluppa al momento in ambito privato, in prevalenza, ma è interessante come fenomenologia da studiare. Speriamo di esserne esentati, nel nostro settore.
Perché questo fenomeno?
Sicuramente per aumentare l’attrattiva di un determinato prodotto o servizio. Poi per differenziarsi dalla concorrenza: in un mercato sempre più competitivo, l’AI può essere quell’elemento che fa la differenza. Un altro fattore è aumentare il valore percepito. I prodotti e i servizi “AI-powered” sono percepiti come più sofisticati e di qualità superiore (e quindi, possono essere anche più costosi!).
Come riconoscere l’AI washing?
Non sempre è facile distinguere un prodotto veramente basato sull’AI da uno che sfrutta solo il termine per fare marketing. Tuttavia, ci sono alcuni segnali che possono farci sospettare. Il primo è la mancanza di trasparenza. Infatti, ad esempio, non ci sono indicazioni sull’algoritmo utilizzato, sui dati su cui si basa o sui vantaggi concreti che l’AI apporta al prodotto. Un secondo elemento da attenzionare è l’uso di termini vaghi come “intelligente”, “autoapprendente” o “basato su algoritmi”. Il tutto senza fornire elementi più dettagliati che ci dovrebbero far capire di cosa si tratta. Poi ci sono le promesse eccessive: L’AI è presentata come la soluzione a tutti i problemi, con risultati miracolosi e immediati.
Perché l’AI washing può essere un problema?
Quando si esagera l’effetto può essere quello di intaccare la fiducia dei consumatori. Il risultato è un aumento di scetticismo e diffidenza visto che poi concretamente non i vantaggi dove sono? Inoltre, l’AI washing può portare a una banalizzazione del concetto di intelligenza artificiale, rendendo difficile distinguere le applicazioni veramente innovative da quelle superficiali. Ulteriore elemento potrebbe essere il configurarsi uno scenario di concorrenza sleale. In particolare, nei casi in cui aziende che utilizzano l’AI in concreto versus quelle che la usano solo in termini “declaratori”.
Non c’è una “ricetta” sicura che ci aiuti a riconoscere l’AI washing. Il nostro buon senso e la nostra capacità critica può ancora fare la differenza (spero). Ci possono essere, in particolare, alcuni elementi che possono attivare la nostra attenzione. Per fare esempi adeguati, mi è sembrato interessante chiedere a Gemini. Ed ecco il risultato da prendere, come sempre, con le dovute attenzioni. Tutto il testo in blù è opera sua.
🤖 Esempi nel settore dei prodotti di consumo
App per la casa “intelligenti”: Molte app per controllare luci, termostato o elettrodomestici vengono pubblicizzate come “intelligenti” o “basate sull’AI”, anche se in realtà si limitano a eseguire azioni predefinite in base a semplici regole. L’intelligenza artificiale vera e propria, come l’apprendimento automatico per ottimizzare il consumo energetico, è spesso assente o molto limitata.
Assistenti vocali “evoluti”: Gli assistenti vocali sono spesso presentati come capaci di comprendere e rispondere a qualsiasi domanda in modo naturale. In realtà, la maggior parte delle loro risposte sono basate su script predefiniti e la loro capacità di comprendere il linguaggio naturale è ancora limitata.
Fotocamere con “intelligenza artificiale”: Molte fotocamere, soprattutto quelle per smartphone, vantano funzioni “AI” per migliorare la qualità delle immagini. Tuttavia, spesso si tratta di semplici filtri o algoritmi di ottimizzazione che non richiedono un’intelligenza artificiale avanzata.
Esempi nel settore dei servizi
Chatbot “intelligenti”: Molti chatbot vengono presentati come in grado di simulare una conversazione umana, ma in realtà sono in grado di gestire solo un numero limitato di domande e risposte predefinite.
Sistemi di raccomandazione “personalizzati”: Molti siti web e app utilizzano sistemi di raccomandazione che vengono presentati come “personalizzati” grazie all’AI, ma in realtà si basano su semplici algoritmi di filtraggio collaborativo che analizzano le preferenze di utenti simili.
Software di analisi dei dati “predittivi”: Molti software di analisi dei dati vengono pubblicizzati come in grado di fare previsioni accurate grazie all’AI, ma in realtà si basano su modelli statistici semplici e non su algoritmi di apprendimento automatico sofisticati.
Altri esempi
Giochi con “intelligenza artificiale”: Molti videogiochi presentano avversari controllati da un’intelligenza artificiale, ma spesso si tratta di comportamenti predefiniti e poco sofisticati.
Applicazioni per la salute “personalizzate”: Molte app per la salute utilizzano l’AI per fornire consigli personalizzati, ma spesso si basano su dati generici e non su un’analisi approfondita delle informazioni dell’utente. 🤖
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