Il 31 maggio 2022 è stato presentato: “digit.a.re: l’archivio digitale reggiano delle collezioni di grafica e fotografia”. Nel webinar organizzato dalla Biblioteca Panizzi in collaborazione con 4Science, azienda che ha realizzato il progetto, si è avuta l’opportunità di conoscere il percorso del progetto nelle sue fasi e il risultato finale. Occasione anche per scoprire le meraviglie che costituiscono la fototeca e il Gabinetto dei disegni e delle stampe “A. Davoli”.
Il mio intervento, il cui testo è riportato di seguito, ha trattato il tema della necessità di avvicinare le digital libraries a pubblici non sono solo costituiti da studiosi e docenti ma che comprendono anche appassionati, studenti della scuola primaria e secondaria, semplici cittadini che hanno interesse per la storia del proprio territorio. Nell’intervento riprendo alcuni concetti espressi anche nel post Biblioteca digitale: la progettazione e l’approccio marketing integrandoli con alcuni spunti che provengono dal PND e da una riflessione sul brand digit.a.re.
Comunicare le collezioni digitali
Le collezioni digitali risultato di un processo di digitalizzazione o di una raccolta di materiali digitali nativi, concorrono alla costruzione di nuovi paradigmi culturali. Infatti, come riportano le indicazioni del Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale (PND), l’idea è quella di allargare i confini del concetto di patrimonio culturale per
creare un ecosistema della cultura capace di incrementare la domanda potenziale e ampliare l’accessibilità per diversi segmenti di pubblico.
PND – Visione
Nel PND si sottolinea come questo obiettivo sia un
mutamento profondo, che mette al centro il concetto di cultura digitale, intesa come potente sistema di relazioni capace di attivare nuove prospettive di senso e coinvolgere ampie fasce di pubblico che in passato, per ragioni diverse, sono rimaste escluse dalla fruizione culturale. In tale scenario gli attori non sono più solo gli istituti culturali sin qui operanti in autonomia, ma le persone: quelle che custodiscono il patrimonio (i rappresentanti di istituzioni, enti, luoghi della cultura), che lo studiano e lo mantengono vivo con la ricerca, che lo valorizzano, reinterpretano e ripensano secondo nuovi linguaggi, ovvero tutti gli operatori della cultura, le imprese e i professionisti presenti nelle aree di dominio dell’ecosistema.
PND – Contesto di riferimento
Le relazioni digitali
L’ambiente digitale trova la propria essenza costitutiva nelle relazioni, ovvero nella possibilità di generare e rigenerare connessioni reciproche tra le informazioni, producendo nuovi significati. Accettare il valore delle relazioni comporta la transizione verso nuovi modelli di rappresentazione della conoscenza, […] ma integrati e potenziati da una pluralità di punti di vista, spesso inediti e originali.
PND – il capitale semantico delle relazioni
Per questo le digital libraries e le collezioni digitali devono superare il dualismo materialità/immaterialità e concorrere alla creazione di un sistema non più soltanto basato su “oggetti digitali e/o digitalizzati” ma su contenuti e relazioni digitali.
La comunicazione delle collezioni digitali
Questo comporta una revisione profonda anche degli aspetti legati alla comunicazione delle collezioni digitali e, più in generale, delle digital libraries. Una comunicazione che viene rivista e ripensata anche grazie all’applicazione di strategie e metodi propri delle ultime evoluzioni del marketing.
Il marketing in questi ultimi anni ha subito cambiamenti profondi. Il suo percorso teorizzato soprattutto da Kotler ha visto via via la trasformazione dal marketing orientato al servizio (analogico-fisico), al marketing orientato al cliente, al marketing centrato sull’uomo (il marketing umanistico), al marketing “in un mondo digitale” in cui tecnologie e strumenti hanno assunto un ruolo da protagonisti con il loro effetto sulla quotidianità delle nostre abitudini.
Oggi questo percorso segna un ulteriore progresso e si pone l’obiettivo di creare una esperienza per l’utente sempre più coinvolgente e che di fatto crea una
“simbiosi equilibrata tra intelligenza umana e informatica” .
P. Kotler
Questa è la chiave del “technology for humanity” di cui ci parla Kotler nella recente evoluzione della sua visione strategica. L’incontro, anche nel mktg, di tecnologia e persone.
Quindi, una visione comune che vede una sintesi fra l’approccio scientifico connotato dall’esigenza di una conoscenza estesa e quello marketing che vuole trovare nell’incontro technology – humanities nuovi spazi narrativi.
Avvicinare i pubblici alle collezioni digitali
Come si traduce in pratica? Avvicinando i pubblici alle collezioni digitali, coinvolgendoli, facendoli sentire co-protagonisti.
Il primo passo di un percorso che segue l’impostazione del processo strategico di marketing è la conoscenza dell’esistenza delle collezioni digitali. Sembra una banalità ma ovviamente se non sai che sono disponibili, se non riesci a trovarle, non puoi usarle. E una volta che le hai trovate, devi essere in grado di muoverti in maniera adeguata sfruttandone tutte le possibilità.
Per creare l’occasione di conoscenza e facilitare l’incontro è indispensabile lavorare sull’analisi dei pubblici: dal target di elezione rappresentato, di norma, dall’ambito scientifico (studenti, ricercatori, docenti, studiosi) a nuove porzioni di pubblici: ad esempio i cittadini che ritrovano la memoria storica del loro territorio.
Oltre ai target è fondamentale individuare i meccanismi di accesso e i temi di interesse per rispondere in maniera adeguata alle necessità.
L’individuazione e la conoscenza della tipologia dei pubblici ci porta alla scelta dei linguaggi con cui presentare e raccontare le collezioni. Un esempio: i turisti che possono essere incuriositi da inedite esperienze digitali proposte anche attraverso i canali social. Per questo, pur nel rispetto degli standard scientifici di ambito, dei principi della meta datazione descrittiva, occorre utilizzare strumenti integrativi come, ad esempio i percorsi, che raccontano storie, personaggi, … (un esempio da Sanzio Digital Heritage, la digital library dell’Università di Urbino).
Branding
In questo processo di avvicinamento anche il branding può rappresentare un elemento di facilitazione.
Nell’ambito culturale, di norma associato all’istituzione, introdurre il brand anche della digital library rappresenta un passo significativo.
Perché associata al brand non c’è solo la componente identitaria (brand identity) che comunica il brand attraverso logo, payoff, colori, font. Infatti, agli elementi di design, è associato il tone of voice del linguaggio scelto e la strategia di comunicazione individuata.
Un esempio interessante è digit.a.re

Il logo è la sintesi del payoff: Digital Archives Reggio Emilia. Ma la lettura può essere anche “digitare” oppure “digit(ale) a Reggio Emilia.
Il colore scelto è caldo (vista la prevalenza di rosso) e ben riconoscibile. Il font è elegante, il tone of voice garbato. È un brand ricco di significati.
Ma c’è ancora altro da tenere presente. Il brand deve essere in grado di creare e veicolare significati rilevanti per il proprio pubblico, selezionare questi significati all’interno dello spazio sociale e organizzarli in un racconto pertinente e attraente, capace di essere in linea con i bisogni e i desideri dei destinatari.
Ogni brand, infatti, come ci dice Kapferer, ha la sua storia e la sua personalità proprio come una persona. E come una persona agisce, parla, sente, racconta.
Il brand, e anche quello di una digital library, di una raccolta di collezioni digitali come digit.a.re, non è solo quindi, un nome, un logo, un colore: racchiude sentimenti e sensazioni. Ha una natura relazione. Di più, come dice W. Landor, è una promessa.
Credits: le immagini di copertina e del post sono tutte tratte da Digit.a.re