digitale nativo

Digitale nativo: consapevolezza, organizzazione, opportunità

Nel 2020, l’anno in cui è esplosa la pandemia di Covid19 le biblioteche si sono trovate a svolgere un ruolo importante soprattutto durante i periodi di lockdown (più o meno “stretto”). Da una parte supportando gli aspetti didattici e della ricerca, dall’altro, come ha detto Luca Dal Pozzolo, esercitando la loro funzione di “macchina sociale”. E’ chiaro che il periodo delle chiusure, ormai superato con il ritorno alla normalità, ha lasciato tracce. E’ stato un insieme articolato e complesso di situazioni, stati d’animo e contingenze che hanno messo in evidenza anche aspetti critici pre-esistenti che si sono accentuati. Il digital divide, ad esempio.

Biblioteche per i pubblici

Le diverse tipologie bibliotecarie (atenei, pubbliche, di conservazione, …) hanno lavorato in funzione della loro “core mission” con creatività, competenza e vivacità. Il risultato di questo sforzo imponente non è stato solo il mantenimento di un rapporto di vicinanza con i propri utenti ma il coinvolgimento anche di nuovi pubblici. Coinvolgimento testimoniato, ad esempio, dall’aumento registrato dalle piattaforme di digital lending. Pubblici costituiti da persone che si sono riavvicinate alla biblioteca dopo lungo tempo o che hanno, in maniera spesso imprevista, incontrato per la prima volta la grande ricchezza del servizio bibliotecario.

Le nuove risorse: il ruolo del digitale nativo

I bibliotecari e le bibliotecarie non si sono limitati, però, alla promozione della lettura tramite gli ebook (e quindi il digital lending). Hanno fatto molto di più. Hanno creato tante occasioni d’incontro digitali che hanno intrattenuto e coinvolto utenti e nuovi pubblici. Da queste occasioni sono nati anche nuovi materiali (video, testi, giochi, fotografie,…). Per avere un’idea di quanto lavoro sia stato fatto, ecco una raccolta con alcuni esempi. Ma sarebbe restrittivo vedere solo nel periodo legato alle restrizioni di accesso fisico la creazione del digitale nativo.

Nella nostra società phygital, dove il confine fra online e offline è quanto mi rarefatto o meglio, inesistente, gli oggetti digitali nativi acquisiscono sempre più un ruolo significativo. Con oggetti digitali nativi si intende quella varietà di documenti, immagini, video, audio, che spaziano dai meme e dai bookface da pubblicare sui canali social, alle pubblicazioni, ai video di incontri, lezioni, al materiale didattico a tutto quanto rientra nella proposta di mediazione culturale della biblioteca. Proposta che può portare anche alla creazione di nuovi servizi.

Dove e come strutturare il digitale nativo

Diventa, quindi, molto importante, riflettere e agire di conseguenza nei confronti di quello che possiamo definire un nuovo patrimonio, costituito dagli oggetti digitali nativi. Il primo passo è certamente la loro raccolta, selezione e organizzazione all’interno di una struttura adeguata (un DAMS) che preservi i diversi contenuti. Ma soprattutto che li organizzi e li renda fruibili con facilità. Una struttura di accoglienza da correlare opportunamente al patrimonio analogico digitalizzato e ai servizi. Con questo approccio, come scrive Fiammetta Sabba: “ne deriverà una visione completa della realtà di Digital Library come spazio informativo in cui le collezioni digitali, i servizi di accesso e le persone interagiscono a supporto del ciclo di creazione, preservazione e uso del documento digitale.

La raccolta e l’organizzazione del digitale nativo

Si cominciano ad incontrare digital library in cui convivono collezioni di risorse digitalizzate e nativo digitale. Un esempio è la Digital Library Pavia con la Collezione Puntiamo i tacchi. Ma lo spazio dedicato al digitale nativo è, di norma, minimo. Video, pdf, immagini, … sono spesso disseminati all’interno dei canali di comunicazione dell’istituzione senza una particolare attenzione alla loro preservazione e soprattutto alla loro fruizione “strutturata”. Fotografie e video, ad esempio, sono nella pagina Facebook, nel canale YouTube o nel profilo Instagram. Altri materiali sono semplicemente all’interno dei dischi fissi dei pc, … Questo significa che di fatto sono già dispersi perché ne perdiamo contezza. A questo si aggiunge, anche nel caso dei social, che non sono ricercabili e quindi non sono fruibili da parte degli utenti se non nella prossimità della pubblicazione.

Collezioni e digital libraries

Introdurre strutture tecniche in grado di accogliere e organizzare le risorse digitali e digitalizzalizzate, insieme all’individuazione organizzativa dei processi che le alimentano è oggi una scelta strategica. Una scelta che va nella direzione non solo della preservazione ma, soprattutto, della valorizzazione e fruizione di tutto il patrimonio digitale della biblioteca.

Infatti è consigliabile che i nuovi materiali digitali (nativi) si affianchino alle collezioni digitali già presenti in biblioteca. Possono essere complementari come ad esempio nel caso del video di una lectio magistralis dedicata ad un autore o periodo storico. Oppure possono essere, come nel caso citato di Pavia, una collezione ex novo che non ha specifici legami con il resto. Questo modo di procedere può portarci anche a rivedere gli impianti di digital library in uso. Spesso, infatti, ci troviamo di fronte a strutture obsolete, realizzate molti anni fa e quasi “cristallizzate”.

Un’occasione

Sarebbe veramente importante cogliere al volo l’occasione offerta dal nuovo materiale digitale nativo. Perché potrebbe aiutarci nella creazione di nuovi servizi e anche a non dissipare quel “vantaggio competitivo” rappresentato da una maggiore e, in certi casi, inedita e imprevista, visibilità istituzionale acquisita nei periodi critici della pandemia. Se la singola biblioteca per le sue dimensioni o caratteristiche non ce la fa a seguire questa linea, credo sia importante la cooperazione e il coinvolgimento, in uno sforzo comune, insieme ad altre realtà del territorio di appartenenza.

La creazione/aggiornamento della digital library con l’ingresso del digitale nativo ha anche un altro risvolto: un ripensamento dell’intero processo strategico di marketing applicato alla biblioteca digitale (per approfondire: Come comunicare la biblioteca digitale). Dall’analisi dello scenario via via scendendo lungo tutto il percorso, si rivedono passaggi e scelte. Una riflessione che può fornire, quindi, non solo lo spunto per una revisione dell’esistente ma una visione aggiornata e strategica ormai, oggi, indispensabile.


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