Le biblioteche si sono trovate a svolgere un ruolo importante durante la pandemia provocata dal COVID19 e, in particolare, durante i periodi di lockdown (più o meno “stretto”). Da una parte supportando gli aspetti didatti e della ricerca, dall’altro, come ha detto Luca Dal Pozzolo, esercitando la loro funzione di “macchina sociale”.
Biblioteche e pubblici
Le diverse tipologie bibliotecarie (atenei, pubbliche, di conservazione, …) hanno lavorato in funzione della loro “core mission” con creatività, competenza e vivacità. Il risultato di questo sforzo imponente non è stato solo il mantenimento di un rapporto di vicinanza con i propri utenti ma il coinvolgimento anche di nuovi pubblici (come testimoniato, ad esempio dall’aumento imponente dei nuovi pubblici registrato dalle piattaforme di digital lending). Pubblici costituiti da persone che si sono riavvicinate alla biblioteca dopo lungo tempo o da cittadini che in questa circostanza hanno incontrato per la prima volta la grande ricchezza del servizio bibliotecario. Tutto questo non deve essere disperso e vissuto come episodio occasionale ma piuttosto trasformato in abitudine.
Digital divide
È chiaro che questo è un momento molto difficile. In realtà non è proprio un momento: è ancora in corso e non sembra abbia a breve una fine. Più che un momento è un insieme articolato e complesso di situazioni, stati d’animo e contingenze che hanno messo in evidenza anche aspetti critici pre esistenti, diventati in questa occasione, veri e propri ostacoli insormontabili.
Primo fra tutti il digital divide si è mostrato più accentuato rispetto a quanto immaginato da molti. La capacità di usare correttamente gli strumenti è stata certamente un elemento discriminante in particolare per specifiche fasce di popolazione (anziani, …).
Fratture sociali
La disponibilità degli strumenti è un secondo aspetto non meno importante. Se a casa ho una connessione inaffidabile o addirittura non mi arriva il segnale la vedo difficile la mia “vita digitale”. Limitazioni strutturali certo ma non solo. La situazione ha accentuato quelle che Antonella Agnoli in un recente appuntamento di Culturit, ha definito come vere e proprie “fratture sociali”. Se possiedo solo un cellulare non è facile seguire la didattica a distanza e mi trovo molto più in difficoltà di chi ha un pc e una dotazione completa di strumenti adeguati a supportare uno studio a distanza. Quindi, per certe fasce di popolazione, le opportunità offerte dai servizi in rete è come se non ci fossero.
Non mi addentro in ulteriori analisi che implicano considerazioni di natura strutturale, amministrativa e istituzionale. Preferisco proseguire questa riflessione ritornando sul tema di come le biblioteche (e le pubbliche in particolare), hanno saputo gestire questo momento difficile e di come siano state (e continuino ad essere) terminali di un sistema complesso pur nelle difficoltà (purtroppo spesso non solo legate a questo momento). Vorrei citare le parole efficaci di Cecilia Cognigni, che, in uno suo recente intervento, ha usato termini come: rigore, intelligenza, creatività per descrivere, ad esempio, l’approccio delle pubbliche.
Digitale nativo: nuove risorse
I bibliotecari attraverso la creazione di occasioni d’incontro digitali hanno realizzato nuovi materiali (video, testi, giochi, fotografie,…). Per avere un’dea di quanto lavoro sia stato fatto, ecco una raccolta con alcuni esempi.
Nuovi materiali digitali, dicevo, che ora è opportuno siano organizzati, protetti e preservati. Non solo come testimonianza di questo periodo storico ma anche per :
- integrare la costruzione di un’informazione di qualità per gli utenti
- utilizzarli nella formazione di specifiche tipologie di utenza
- la creazione di nuovi servizi.
Digitale nativo e digitalizzato
È molto frequente il caso di digital library costituite dalle sole collezioni di risorse digitalizzate. Lo spazio dedicato al digitale nativo è, di norma, minimo. Video, pdf, immagini, … sono spesso disseminati senza una particolare attenzione alla loro preservazione e soprattutto alla loro fruizione “strutturata”. Fotografie e video, ad esempio, sono nella pagina Facebook, nel canale YouTube o nel profilo Instagram. Altri materiali sono semplicemente all’interno dei dischi fissi dei nostri pc, … Questo significa che si possono disperdere con facilità ed è difficile riutilizzarli perché finiamo per perderne contezza. A questo si aggiunge, come dicevo, che non sono ricercabili e quindi non sono fruibili da parte degli utenti.
Diventa, quindi, molto importante, riflettere e agire di conseguenza nei confronti di questo nuovo patrimonio. La risposta è certamente nella necessità di raccoglierlo in un repository che lo ospiti, preservi e lo renda fruibile ed accessibile con facilità. Una struttura di accoglienza da correlare opportunamente al patrimonio e ai servizi. Con questo approccio, come scrive Fiammetta Sabba
ne deriverà una visione completa della realtà di Digital Library come spazio informativo in cui le collezioni digitali, i servizi di accesso e le persone interagiscono a supporto del ciclo di creazione, preservazione e uso del documento digitale.
Biblioteca digitale, UniBO
Collezioni e digital libraries
Introdurre strutture tecniche in grado di accogliere e organizzare le risorse digitali e digitalizzalizzate, insieme all’individuazione organizzativa dei processi che le alimentano è oggi una scelta strategica. Una scelta che va nella direzione non solo della preservazione ma, soprattutto, della valorizzazione e fruizione di tutto il patrimonio digitale della biblioteca.
Infatti è consigliabile che i nuovi materiali digitali (nativi) si affianchino alle collezioni digitali già presenti in biblioteca. Questo modo di procedere può portarci anche a rivedere gli impianti di digital library in uso. Spesso, infatti, ci troviamo di fronte a strutture obsolete, realizzate molti anni fa e quasi “cristallizzate”.
Un’occasione
Sarebbe veramente importante cogliere al volo l’occasione offerta dal nuovo materiale digitale nativo, pur nella consapevolezza delle grandi difficoltà del momento. Perché potrebbe aiutarci nel percorso di potenziamento del ruolo sociale della biblioteca e nella creazione di nuovi servizi a sostegno della community. E anche a non dissipare quel “vantaggio competitivo” rappresentato da una maggiore e, in certi casi, inedita e imprevista, visibilità istituzionale. Se la singola biblioteca per le sue dimensioni o caratteristiche non ce la fa a seguire questa linea, credo sia importante la cooperazione e il coinvolgimento, in uno sforzo comune, insieme ad altre realtà del territorio di appartenenza.
La creazione/aggiornamento della digital library con l’ingresso anche del digitale nativo ha anche un altro risvolto: un ripensamento dell’intero processo strategico di marketing. Dall’analisi dello scenario via via scendendo lungo tutto il percorso, si rivedono passaggi e scelte mettendo persino in discussione assunti consolidati mutati dalla nuova situazione.
Una riflessione sulla digital library può fornire, quindi, non solo lo spunto per una revisione dell’esistente ma il suo inserimento (o aggiornamento) può diventare uno strumento a supporto del coordinamento dei processi e di “resilienza trasformativa” (E. Giovannini) consolidando la connotazione strategica dell’approccio al digitale.