Elisa

Elisa Galeati: acquerelli di parole e una tazza di tè

Elisa, che ringrazio per il suo contributo allo Spazio Ospiti, ci racconta la sua professione di bibliotecaria, insieme a esperienze e passioni. Lo fa con tratti leggeri, dai colori chiari, sfumati, eleganti che richiamano gli acquerelli. Acquerelli di parole. E poi … e poi c’è il tè.

Dai libri alle persone

Per me essere bibliotecaria ha significato nel tempo “spostarmi” dai libri alle persone. Da utente non mi comporto proprio benissimo: faccio le orecchie ai libri, li consegno in ritardo, perdo le sovracoperte che detesto, infine parlo a voce troppo alta e mi sento zittire spesso. Inoltre non ho mai sopportato l’idea di leggere un libro “a comando”. Da ragazzina ho odiato leggere dal momento in cui mi fu detto che Anna dai capelli rossi non era per nulla adatto alle Scuole Medie. Tutto questo mi rende terribilmente empatica con loro: i lettori / non lettori.

Ho iniziato a lavorare alla Biblioteca Bassani di Ferrara in piena pandemia, a porte chiuse, senza contatto con la gente del quartiere di cui tutti mi parlavano. Ho spostato, ridipinto, mutato ordini, rigovernato disordini, approntato un nuovo modo di comunicare con l’esterno. Quando, infine, le persone sono tornate non erano più le stesse e se lo erano si era prodotto un cambiamento inevitabile.

Londra e gli Idea Stores

Tanti anni fa un’esperienza mi aveva segnata: un tirocinio agli Idea Stores di Londra, lì tra la City e il Tamigi. Ho imparato che potevo cantare ai bambini e coinvolgere i genitori senza pretendere attenzione. Ho imparato a dar fiducia alle idee della gente, ad accettare le proposte dei miei interlocutori. Adattandole al contesto magari, senza dar per scontato che l’offerta culturale sia un elemento fisso e inamovibile. Lì ho anche imparato che non c’è bisogno di farsi venire un collasso nervoso se non si trova un libro ma è più importante il dialogo che instauri con chi è lì che aspetta.

Uno spazio in cui sia bello incontrarsi

Quello che tento di fare ogni giorno è creare, assieme ai miei colleghi, uno spazio in cui sia bello incontrarsi e godere della compagnia reciproca. Uno spazio ibrido che nasca dall’incrociarsi di saperi consolidati e innesti impuri. C’è una nuova aiuola nel giardinetto della biblioteca per far piantare bulbi ai bambini. Un nuovo spazio concerti in auditorium che resetta l’algida fisionomia della sala conferenze oppure il trasformare la sala riviste in un atelier di maglia ai ferri.

Dal profilo Instagram della Biblioteca Bassani

Tornare, ancora

Non è un caso se queste rivelazioni le ho avute in Inghilterra perché è li che da sempre torno. Negli anni ho inventato diversi modi per viaggiarci, per non andarci come semplice turista. Ho trovato consolazione ai momenti difficili inventandomi periodi di lavoro volontario in biblioteche e librerie nella campagna del Sussex dove, con enorme soddisfazione, sono riuscita a vendere una copia de Il giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani o tenere tra le mani una prima edizione de La Signora Dalloway della Woolf, stampata dalla Hogwarts Press.

Da leggere: Sovvertire il tempo, a Londra

Mi sono inventata ricerche su donne e artiste minori dimenticate dalla storia. Così ho scoperto un arcano talento nel ridare voce alle piccole cose, ai “minor characters”, a tutto ciò che è sfuocato o ai margini. Ogni volta che tornavo in aereo lo facevo in compagnia di queste figure opache i cui diari e lettere maneggiavo con cura, stupore e l’impazienza di chi, non facendo ricerca per professione, sa di avere solo quei pochi giorni a disposizione. Per chi o perché lo facevo? Per me innanzitutto.

Il Gatto Orlando

Poi un giorno la casa editrice Risma Edizioni tradusse e stampò le avventure del Gatto Orlando (The Marmalade cat). Fu lì che iniziai a pensare che la mia vecchia e ignota ricerca sull’autrice Kathleen Hale poteva interessare qualcuno. D’altra parte la stessa casa editrice per bambini e ragazzi dichiarò di essere «alla ricerca di tesori nascosti, inediti inaspettati e gioielli perduti».

Grazie ad una cara amica libraia, che mi diede il contatto con la casa editrice Topipittori, pubblicai sul loro blog il mio primo articolo su Orlando, il gatto utopista. Fino ad allora avevo scritto delle mie donne ribelli e bohémien “solo” su Leggere Donna, storica rivista fondata da Luciana Tufani. E le avevo raccontate con passione alle fedeli frequentatrici del Centro Documentazione Donna di Ferrara.

Il vizio di scrivere è diventato davvero parte della mia quotidianità quando, appena un anno fa, il direttore della rivista online Gagarin: orbite culturali mi fece una proposta che trovai curiosa: “raccontati in una rubrica, raccontaci a modo tuo il tuo stare in giro”.

Scrittura e “giretti”

Ebbene, scrivere, come fare la bibliotecaria, presuppone sincerità su chi si è e la prima frase che scrissi fu proprio “Ma sei sempre in giro”. Una frase che mi viene rivolta spesso. Non sono d’accordo. Vorrei esserlo molto di più.”

Da allora i miei “giretti” sono diventati un pretesto per scrivere. Per raccontare di gite ai “villaggi industriali”, alle “case cantoniere”, allo scovare “motivi liberty” nei cornicioni oppure “insegne di botteghe chiuse”, “torri idrauliche nel Delta”, “torri colombaie del 500” e soprattutto “sale da tè”. I miei “giretti”, in fondo, assomigliano agli scaffali tematici di una biblioteca catalogata con estro.

Ed ecco: Piccolo inventario di una girovaga la rubrica con i contributi di Elisa. Fra gli articoli segnalo, ad esempio, Di una piccola biblioteca sul crinale e Vai in giro per Malinconie.

Elisa e il tè

Lo sapevate che Virginia Woolf prima di iniziare a scrivere andava sempre alla ricerca della matita perfetta, quella con la mina morbida? Usciva alla ricerca per le strade della sua città con il piglio della “street haunter” e poi finiva che Londra, nella sua estemporanea vitalità, finisse nei suoi racconti. Nei miei invece ci finisce il tè. Non intendo solo simbolicamente. A volte davvero il tè finisce sulle pagine del libro che sto leggendo (ve l’avevo detto sin da principio che non sono la bibliotecaria ideale). Il tè, nei suoi liquori più disparati, fluisce nella mia bocca e nel mio naso con nomi conosciuti ma dal sapore sempre nuovo. Un amico mi ha detto, un giorno, che certi tè Pu-ehr Sheng rimangono sempre un’incognita, anche per i veri conoscitori.

Desidero che tutto nella mia vita e nel mio lavoro contenga quotidianamente un pò di imprevisto, per accettare, parafrasando Tina Modotti, che la vita “cambi continuamente” mentre “la forma la fissa immutabile”.


Copyright: il testo è di Elisa Galeati, la foto di copertina e a chiusura di post sono di Elisa. Tutti i diritti, testo e foto, sono riservati.

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