Il 13 novembre è la Giornata Mondiale della Gentilezza. Giornata che nasce nel 1998 in occasione della conferenza annuale del “ World Kindness Movement” (le date del WKM). Al WKM aderiscono diversi paesi (tutti gli aderenti), fra cui l’Italia che partecipa dal 2001, con il Movimento Italiano per la Gentilezza, che ha sede a Parma.
La Treccani ci descrive la gentilezza come “qualità propria di chi è gentile” d’aspetto, di modi, d’animo, di sentimenti. Gentilezza come sinonimo di garbo e cortesia. Spesso è un sorriso, un tono di voce, gesti, parole che scegliamo di usare. La gentilezza è anche dire grazie, per favore, prego, scusa. È attenzione agli altri, disponibilità.
La gentilezza dovrebbe essere una pratica quotidiana, talmente d’abitudine per ciascuno di noi da rendere (quasi) inutile l’introduzione di una giornata mondiale a lei dedicata. Purtroppo non è così.
Sarebbe opportuna una bella trasformazione delle nostre società, per dirla con Gianni Rodari (*), in … paesi senza punta.
Giovannino Perdigiorno era un grande viaggiatore.
Viaggia e viaggia, una volta capitò in un paese dove gli spigoli delle case erano rotondi, e i tetti non finivano a punta ma con una gobba dolcissima. Lungo la strada correva una siepe di rose e a Giovannino venne lì per lì l’idea di infilarsene una all’occhiello. Mentre coglieva la rosa faceva molta attenzione a non pungersi con le spine, ma si accorse subito che le spine non pungevano mica, non avevano punta e parevano di gomma, e facevano il solletico alla mano.
“Guarda, guarda” disse Giovannino ad alta voce. Di dietro la siepe si affacciò una guardia municipale, sorridendo.
“Non lo sapeva che è vietato cogliere le rose?”
“Mi dispiace, non ci ho pensato”.
“Allora pagherà soltanto mezza multa,” disse la guardia, che con quel sorriso avrebbe potuto benissimo esser l’omino di burro che portava Pinocchio al Paese dei Balocchi. Giovannino osservò che la guardia scriveva la multa con una matita senza punta, e gli scappò di dire:
“Scusi, mi fa vedere la sua sciabola?”
“Volentieri,” disse la guardia. E naturalmente nemmeno la sciabola aveva la punta. “Ma che paese è questo?” domandò Giovannino.
“Il Paese senza punta,” rispose la guardia, con tanta gentilezza che le sue parole si dovrebbero scrivere tutte con la lettera maiuscola.
“E per i chiodi come fate?”
“Li abbiamo aboliti da un pezzo, facciamo tutto con la colla. E adesso, per favore, mi dia due schiaffi”.
Giovannino spalancò la bocca come se dovesse inghiottire una torta intera.
“Per carità, non voglio mica finire in prigione per oltraggio a pubblico ufficiale. I due schiaffi, semmai, dovrei riceverli, non darli”.
“Ma qui si usa così”, spiegò gentilmente la guardia, “per una multa intera quattro schiaffi, per mezza multa due soli”.
“Alla guardia?”
“Alla guardia”.
“Ma è ingiusto, è terribile”.
“Certo che è ingiusto, certo che è terribile”, disse la guardia. “La cosa è tanto odiosa che la gente, per non essere costretta a schiaffeggiare dei poveretti senza colpa, si guarda bene dal fare niente contro la legge. Su, mi dia quei due schiaffi, e un’altra volta stia più attento”.
“Ma io non le voglio dare nemmeno un buffetto sulla guancia: le farò una carezza, invece”.
“Quand’è così”, concluse la guardia, “dovrò riaccompagnarla alla frontiera”.
E Giovannino, umiliatissimo, fu costretto ad abbandonare il Paese senza punta. Ma ancor oggi sogna di poterci tornare, per viverci nel più gentile dei modi, in una bella casetta col tetto senza punta.
Il Paese senza punta, Gianni Rodari – Favole al Telefono – Einaudi
(*) qui un altro post a lui dedicato
Credits, immagine di copertina