Piccole donne: l’incanto, lo stupore e l’essere protagoniste

Piccole donne di Greta Gerwig è il settimo adattamento cinematografico del romanzo di L.M.Alcott (rileggerlo o ri-ascoltarlo). Un indubbio pregio di questo film è l’aver creato le condizioni per farci sentire tutte protagoniste. Infatti, come scrive l’amica Raffaella in un suo post: “non c’è donna che possa esistere senza riconoscersi in una delle sorelle March“. O, aggiungo, in uno dei personaggi femminili del film. Zia March compresa. Il risultato è che non ho trovato spesso per un film così tante recensioni, articoli, post, commenti. E la stragrande maggioranza a firma femminile.

Come spesso accade i commenti rispecchiano un diverso sentire: giudizi entusiastici si affiancano a riflessioni più critiche. Ciascuna di noi ha colto aspetti secondo la propria sensibilità e la propria storia. Però quello che ci accomuna è l’attenzione con cui noi tutte, abbiamo guardato questo film. E come ci ha coinvolte.

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Il commento di Anna Galluzzi (qui il post a lei dedicato nello Spazio Ospiti) nel suo blog Lo sciameinquieto, evidenzia alcune criticità (il suo voto finale è 3,5 su 5):

Visivamente e registicamente mi è piaciuto decisamente di più il piano narrativo del presente, mentre ho trovato il passato meno coinvolgente ed emotivamente meno riuscito. Sicuramente qua e là si notano alcuni difetti e ingenuità di regia (penso ad esempio all’insistito ralenti della prima parte del film), ma devo anche ammettere che alcune scene sono visivamente eccezionali, in alcuni casi per la loro grandiosità (penso a quella della partenza di Amy e Laurie e della loro reciproca dichiarazione davanti all’enorme palazzo signorile), per la loro vivacità (ad esempio la scena sulla spiaggia con gli aquiloni) o per la loro intimità (bellissima in particolare la scena in cui Jo e Beth sono sulla spiaggia e Jo legge alla sorella il suo racconto). Nel complesso Piccole donne della Gerwig non è un capolavoro, ma è un film godibile e coraggioso, e la Ronan si conferma una grande attrice.

Raffaella Gattiani, invece, scrive nel suo commento di essere “uscita dal cinema perdutamente innamorata di questo film di Greta Gerwig, per come è costruito: con il tempo che scorre caotico, adulte poi bambine, la guerra, le stagioni che si alternano, i natali, gli amori; poi per gli attori meravigliosi: Laurie-Timothée Chalamet, Jo-Saoirse Ronan, Meryl Streep-zia March… Bravissimi tutti.”

Anch’io sono uscita dal cinema incantata dalla sua magia e stupita di non essere rimasta delusa (come spesso accade quando di una cosa ne senti tanto parlare).

Quell’incalzare e alternare presente e passato, quel mischiare in modo un po’ caotico eventi, sensazioni, emozioni. Al principio mi ha per un attimo sconcertata. Probabilmente è l’effetto dell’unione dei due romanzi, Piccole donne e Piccole donne crescono. Un’unione che contribuisce a questo alternare un presente dai toni più asciutti rispetto ad un passato più “morbido” anche nei toni e colori. Poi non ci ho fatto più caso, impegnata com’ero a ritrovare quello avevo provato quando ho letto i libri …

Così mi sono fatta trasportare dall’emozione dei colori, dall’ambientazione straordinaria, dalla sensazione di guardare una bellissima sequenza di quadri.

Piccole Donne – immagine tratta dal trailer ufficiale

Ed ecco le colazioni sull’erba di Monet, le passeggiate al mare di Manet e le scene che richiamano Winsow Homer. Fino a giungere persino ad una citazione delle Venere di Botticelli: accade quando Meg appoggia su capelli sciolti di Jo una piccola ghirlanda di fiori.

E poi la luce che riempie tutto il film disegnando contorni e dettagli. La luce che illumina gli occhi di Jo (la mia preferita da sempre), crea sfumature dorate sui capelli di Beth, rende magici gli abiti di Amy, circonda come un’aura Meg. Bellissime queste sorelle March, coraggiose, determinate, che ci ricordano con forza (anche se non ce n’è bisogno, noi donne lo sappiamo benissimo) che, come dice Jo March: “le donne hanno una mente, hanno un’anima e non soltanto un cuore“.