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Brand e biblioteca: ogni biblioteca è un’idea esclusiva e unica

Troppo spesso il brand della biblioteca non solo è trascurato ma, purtroppo, non è nemmeno preso in considerazione. Il brand è un concetto complesso e molto articolato, che si presta ad una molteplicità di definizioni. Un termine unico che comprende sfumature e significati diversi, che cambiano nel tempo così come si evolvono nello spazio e nel tempo i mercati, i consumi ed i consumatori. Cambiano anche i “consumatori di cultura” che sono i “nostri” consumatori.
Ha ha senso parlare di brand per le istituzioni culturali? In un post ho raccolto qualche spunto di riflessione sul tema del naming, che è una branca del branding e si occupa della parte verbale del brand. Infatti il Naming, dall’inglese “denominare” è lo studio della scelta dei nomi di prodotti, servizi, attività, aziende, etc.

Qui, invece, alcune prime considerazioni su che cosa è il brand.

L’AMA  (American Marketing Association) lo definisce come

“un nome, un termine, un segno, un simbolo o qualunque altra caratteristica che ha lo scopo di far identificare i beni o i servizi di un venditore e di distinguerli da quelli degli altri venditori”.

Walter Landor, ha messo in risalto il concetto di intangibilità della marca:

 «i prodotti sono creati nelle fabbriche, i brand sono creati nella mente»

Ma la definizione che mi sembra più adatta al mondo bibliotecario è quella di Jean-Noël Kapferer:

“Un brand è un desiderio condiviso ed un’idea esclusiva rappresentati in un prodotto, servizio, luogo o esperienza”.

Per Kapferer la marca si nutre, infatti, del costante rapporto dialettico esistente tra i suoi aspetti materiali e quelli immateriali.

Ma se la funzione della marca è sempre stata quella di produrre una differenziazione semiotica grazie alla sua capacità di creare attorno al prodotto un universo ricco di senso, oggi, in un universo sociale saturato dai messaggi e dai prodotti, tale funzione diviene sempre più cruciale. La gestione della marca è pertanto un’operazione difficile, perché consiste nel dover integrare e amministrare soprattutto degli elementi di natura immateriale.

Andrea Semprini, La marca. Dal prodotto al mercato, dal mercato alla società. prefazione di V. Codeluppi

Il design, il naming, l’uso di elementi visuali sono quindi necessari, ma quello che rende unico il brand sono proprio gli elementi immateriali. Elementi che, nel caso della biblioteca, sono espressione della sua missione, del suo valore, del suo ruolo sociale.

Riprendendo Kapferer, quindi, ogni biblioteca, è un’idea esclusiva e unica. Proprio per quello che è, per quella che rappresenta e che rappresenterà sempre. Nel territorio, nella società. Il suo brand dovrebbe perdere qualche “asperità” istituzionale (per esempio: la biblioteca comunale di ….) e in qualche modo “ammorbidirsi”, diventare più intimo, famigliare. Nella definizione e costruzione di una adeguata strategia di marketing, il brand ha un ruolo fondamentale.

Per approfondire: “Come fare branding in biblioteca“. In particolare, fra i casi di branding presentati nel libro, anche quello dedicato alla Biblioteca Prospero Rendella di Monopoli, scritto da Pietro D’Amico. La foto di copertina, tratta dal sito della biblioteca, riprende l’ingresso della biblioteca con il brand La Rendella in evidenza.