Naming: perché scegliere il nome giusto (anche in biblioteca)

Naming, dall’inglese “denominare” è lo studio del nome di prodotti, servizi, attività, aziende, etc. Fa parte del branding e si riferisce alla parte verbale del brand. Se ci riflettiamo un attimo, cosa ricordiamo di una marca (brand)? Un’immagine, un logo, il nome, oppure una combinazione fra loro.

“Ogni nome scelto rappresenta un’immagine ben definita che racchiude in sé una storia oppure un destino. Per questo motivo la scelta di un nome, […] è il frutto di un’operazione strategica di marketing che prende in considerazione sia la qualità dell’oggetto da denominare, sia il possibile utilizzo nel contesto stabilito. ”

(cit. Wikipedia)

Il naming è indubbiamente uno dei passaggi più impegnativi del branding. Sono d’accordo con Beatrice Ferrari, quando dice che “è fondamentale perché dura per sempre“.

Per fare naming …

Ci sono regole da seguire che possiamo sintetizzare in:

1. identificare la proposta di servizio/prodotto (il brand esiste attraverso il suo nome);

2. differenziarsi. “Pensiamo agli innumerevoli cioccolatini il cui nome è composto dalla radice ‘cioc’ e poi al BACIO® di Perugina. Quale nome resta più impresso e emerge più degli altri? La risposta risulta piuttosto ovvia”;

3. personalizzare: ogni nome ha una sua sonorità, una forma linguistica, trasmette un messaggio esplicito e implicito;

4. facilitare la comunicazione;

5. essere esportabile: sia nel caso in cui sia un prodotto da commercializzare all’estero che quindi ha la necessità di un nome non solo pronunciabile anche in altre lingue ma che non abbia significati diversi a seconda del paese in cui ci si trova, sia nel caso di servizi o luoghi oggetto di uso o frequentazioni da parte di persone provenienti da altri paesi (è il caso della biblioteca);

6. essere difendibile legalmente, cioè non devono essere presenti problemi di trademark (registrazione del marchio da parte di altri) e che, quindi, sia libero da vincoli;

7. fidelizzare i pubblici (il nome è l’elemento che trasmette continuità nel tempo, contiene il passato e il futuro). Nel tempo, infatti, possono cambiare font, payoff e persino il logo può essere oggetto di interventi di ammodernamento ma il nome deve essere al di là del tempo.

A.Busa “Come fare branding in biblioteca

Categorie che è bene tener presente nel naming

I brand name si possono raggruppare in:
Nomi descrittivi: sono nomi auto-esplicativi, didascalici come, ad esempio, Fatture in cloud, Perlana, Divani&Divani

Nomi suggestivi: sono metafore, suggeriscono associazioni o analogie. Un esempio? Bacio, CrikCrok

Nomi di fantasia, creativi, evocativi: non hanno un significato preciso e nascono da situazioni o sensazioni. Ad esempio Kodak. Il suo fondatore ci “confessa”: “la chiamai “Kodak” perché era un nome breve, vigoroso, facile da pronunciare e, per soddisfare le leggi sui marchi depositati, non significava nulla“.

Acronimi e sigle: esempi famosi IBM, 3M, … ma anche alcuni grandi musei italiani (ad esempio: MAXXI, MART, …)

Nomi dei fondatori: come Ferrari (da Enzo Ferrari), Gucci (da Guccio Gucci), Ralph Lauren, Tommy Hilfiger, Versace, Roberto Cavalli.

Alcuni esempi

IKEA : iniziali del suo fondatore – Ingvar Kamprad – e di Elmtaryd and Agunnaryd, il villaggio dove  è cresciuto.

Lego: deriva dall’espressione danese “leg got”, che significa “gioca bene”.

Skype: è il risultato della crasi fra Sky (cielo) e e-per abbreviazione di Peer-To-Peer. Il risultato è Skyper ma visto che il dominio era già occupato, bastò togliere una “r”.

Adidas: da Adi il soprannome con cui gli amici chiamano Adolf Dassler e le prime tre lettere del cognome.

Instagram. Il nome, secondo la spiegazione dei fondatori, deriva dall’unione di “Telegram” e “Instant“: un nome smart, facile da ricordare e che racchiude il concetto di immagine veloce e pubblicata sul momento. (fonte)

Quindi, i grandi marchi ci insegnano anche a “giocare” con le lettere, essere creativi, semplici ed essenziali. Ci consigliano di scegliere nomi corti e musicali. E, perché no, anche di sbrigliare la fantasia.

Al di là delle categorie, la scelta del nome è un momento d’incontro fra creatività e analisi di scenario, fra originalità e chiari obiettivi di utilizzo. La ricerca deve essere accurata, studiata e ben analizzata. Indispensabile è definire molto bene il target e, quindi, analizzare con particolare attenzione e cura le user personas a cui rivolgersi.

Fondamentale condivisione e confronto: una fase di brainstorming è utilissima. Mettere insieme osservazioni, competenze, sensibilità, suggerimenti da parte delle diverse persone coinvolte nel progetto (anche con diversi livelli di coinvolgimento professionale) è consigliato. Molto utile può essere anche fare una mappa concettuale che ci guidi nella direzione giusta.

Biblioteche e naming

Anche per il nostro settore, il naming è fondamentale. Riprendendo e parafrasando la frase riportata qualche riga fa: la scelta del nome è un momento d’incontro fra creatività e consapevolezza dei nuovi bisogni del pubblico, fra originalità e chiarezza in termini di missione della biblioteca. Tante sono le situazioni della cultura in cui il naming trova la sua applicazione.

Nel mondo delle biblioteche: Multiplo (di Cavriago), CUBI (la rete di biblioteche pubbliche che nasce dalla collaborazione del Sistema Bibliotecario Milano-Est (SBME) con il Sistema Bibliotecario Vimercatese (SBV)) e altri esempi fra i quali La Fornace (di Moie di Maiolati Spontini, prov. di Ancona):

  Perché eFFeMMe23 :

eFFeMMe23 è l’acronimo di Fornace e Moie dove il numero 23 rappresenta il numero civico ma anche il 1923, anno in cui la fornace, considerata una delle più importanti delle Marche, produsse il maggiore quantitativo di mattoni con il forno Hoffmann.

dal sito

Dall’estero, fra i tanti esempi, ecco DOKK1 la biblioteca di Aarthus in Danimarca. Una delle più straordinarie e più note biblioteche.

Il nome, che significa molo 1 in danese, è stato scelto

con la collaborazione dei cittadini: inizialmente Media house, poi Urban mediaspaces, sempre con l’idea di allontanare le immagini tradizionali che evoca il nome biblioteca; alla fine, dopo aver esaminato 1.250 proposte, Dokk1. Un nome scelto perché si voleva evocare il porto di Aahrus passato e quello presente.

A.Agnoli – BibliotecheOggi – vol.34 – 2016

Altri esempi di naming

Nella maggioranza dei casi, il nome della biblioteca (o dell’istituzione culturale) non è modificabile: è una denominazione formale, storica, … C’è l’indicazione della tipologia istituzionale accompagnata, a volte, anche dal nome della persona a cui è intitolata la biblioteca. Fra le biblioteche dell’università, le denominazioni fanno spesso riferimento ai dipartimenti oppure sono biblioteche di campus. In ogni caso, spesso sono lunghe e complesse. Quindi non ci sono spazi per intervenire sul naming della struttura. Ma sicuro? Magari come capita a Ravenna, gli studenti chiamano la Biblioteca Centrale del Campus, il “Corradini” dal nome del palazzo che la ospita.

Ma ci sono tante altre situazioni in cui occorre fare naming! E in queste ulteriori occasioni i bibliotecari sono bravissimi. Ecco qualche esempio.

Il nome delle attività svolte in biblioteca. Ad esempio la Biblioteca di Spinea con questo bellissimo Un mercoledì da lettori. Poi ci sono le Proposte di lettura, ascolto e visione (è il caso, ad esempio, di Sala Borsa con le sue “Le voci dei libri” o le “Passeggiate fra le storie” …). Un altro esempio sono  Coccole e parole – Ai bambini piace leggere – I cesti sonori della Biblioteca MEMO di Fano. E potrei continuare con decine e decine di altri esempi.

Per finire, l’esempio di Nati per Leggere: come descrivere con 3 parole un mondo straordinario. Anche questo è naming.   

naming