Messy middle

Messy middle: spunti e opportunità anche per il nostro settore

In questi ultimi anni stiamo assistendo ad una proposta trasformativa da parte di Google, del modello che descrive il customer journey. Google nei suoi studi dedicati al Messy Middle ci offre, infatti, un nuovo punto di osservazione rispetto al tradizionale percorso che descrive il processo di scelta e quindi di acquisto da parte dei pubblici. Un passaggio “epocale” dal più tradizionale inbound che ne semplifica e idealizza il percorso a un modello più intricato e complesso, probabilmente più vicino, però, alle dinamiche reali.

Ma procediamo con ordine e riprendiamo, in sintesi, l‘inbound e i suoi elementi connotanti. Anche nella sua applicazione al mondo bibliotecario (qui l’approfondimento) l’inbound si articola in 4 fasi ben definite: attirare, convertire, chiudere, deliziare.

Le 4 fasi dell’inbound

Il punto di partenza è l’interesse espresso dal pubblico verso un certo prodotto o servizio. Interesse che si manifesta attraverso, ad esempio, il lancio di una ricerca su Google (o su altro motore). Scrivo le keyword nel mono campo e lancio la ricerca. Il passo successivo è la lettura del risultato della ricerca e cioé la lista di link proposti (la SERP organica). Ce ne può essere uno o più di interesse e l’azione conseguente é clikko su un certo link. Così, ad esempio, entro nel sito (o in un profilo o una pagina, …) di una biblioteca.

I vari passaggi sono accompagnati da “cambiamenti di stato”: da estranei si diventa visitatori/visitatrici e poi, se troviamo quanto ci interessa e il “luogo” ci sembra accogliente, si diventa contatti (se, ad esempio, ci iscriviamo alla newsletter). Il passo per diventare utenti è breve: è il momento in cui, nel nostro ambito, prendiamo la tessera online e iniziamo subito a usufruire di servizi di digital lending. La quarta fase è quella in cui diventiamo fan della biblioteca perché parliamo con la nostra rete (di amici, conoscenti, …) delle sue iniziative o di come ci siamo sentiti accolti o di quanto abbiamo trovato di nostro interesse.

Nell’immagine: a destra il funnel con le 4 fasi colorate e a sinistra le stesse 4 fasi sviluppate attraverso gli stati diversi dei pubblici

Quindi, pur in una certa variabilità direi fisiologica e legata alle specificità degli ambiti in cui ci troviamo a operare (una ricetta di biscotti non è un libro o una ricerca tematica scientifica) presenta fasi piuttosto standard e definite. 

Le nuove dinamiche dello user journey

Spinto dalla consapevolezza dei continui cambiamenti delle dinamiche comportamentali di ciascuno di noi, online, Google ha iniziato a studiare le dinamiche del customer/user journey (il viaggio degli utenti) e nel 2020 ha pubblicato il suo primo studio (a cura di Alistair Rennie e Jonny Protheroe) che ha avuto come oggetto proprio i “nuovi” comportamenti online. L’attenzione, in particolare, è stata posta sul modo in cui le persone ricercano e confrontano informazioni e prendono decisioni online. Da qui, attraverso il Messy Middle, una sorta di “prova documentata” di come tutto quello che fin qui abbiamo dato per certo e schematizzato sia messo in discussione e lo scenario cambi.

Come dice lo studio Google, oggi: “le persone prendono le decisioni in modo, beh, confusionario. Abbiamo analizzato centinaia di ore di processi di acquisto per 32 diverse categorie in oltre 25 paesi. Abbiamo visto persone saltare da un sito all’altro, in quello che all’inizio sembrava un comportamento totalmente casuale. Questa analisi ci ha portato a identificare un territorio specifico all’interno di quel labirinto fatto di ricerche, annunci, link e clic coinvolti nell’acquisto. Ciò che noi chiamiamo “messy middle“.

Il Messy Middle

In altre parole, ci sono due punti chiari: il trigger che è da dove si innesta il processo e l’acquisto dove si completa. Nel mezzo c’è una sorta di caos rappresentato dal “filo aggrovigliato” che in qualche modo traccia il percorso (Fig 1). Il messy middle, appunto.

Le persone cercano informazioni su prodotti e brand di una categoria e poi valutano tutte le opzioni a loro disposizione. Questo si riflette in due schemi mentali diversi che prendono forma nel “messy middle” del funnel di acquisto: esplorazione, un’attività espansiva, e valutazione, un’attività riduttiva. Qualsiasi cosa stia facendo una persona, in un’ampia varietà di fonti online, come motori di ricerca, social media, aggregatori e siti web di recensioni, può essere classificata in una di queste due mentalità gemelle, ripetendo il ciclo tutte le volte necessarie per arrivare a una decisione di acquisto finale” (Fig. 2).

Messy middle
Fig 1 e Fig 2 sono tratte dal documento Google già citato

I 6 bias cognitivi

Nella ricerca del 2020 viene prestata particolare attenzione al tema dei “bias cognitivi che modellano il comportamento d’acquisto delle persone“. In altre parole come le scienze comportamentali possano essere di aiuto percomprendere il processo decisionale dei pubblici. I bias influiscono, infatti, “sui motivi che spingono i consumatori a scegliere un prodotto rispetto a un altro“. Nella ricerca effettuata ne sono stati messi in evidenza sei.

  1. Euristica di categoria: scorciatoie o regole pratiche che ci aiutano a prendere una decisione rapida e soddisfacente all’interno di una determinata categoria
  2. Potere dell’immediatezza: il fatto che tendiamo a volere le cose subito piuttosto che in un secondo momento.
  3. Prova sociale: la tendenza a copiare il comportamento e le azioni di altre persone in situazioni di ambiguità o incertezza
  4. Bias di scarsità: si basa sul principio economico che un prodotto diventa più desiderabile se la sua disponibilità è limitata.
  5. Bias di autorità: la tendenza a modificare le nostre opinioni o comportamenti per allinearli a quelli di qualcuno che consideriamo un’autorità su un argomento
  6. Potere della gratuità: un regalo incluso con un acquisto, anche se non correlato al prodotto acquistato, può essere un ottimo incentivo.

Non posso non richiamare come esempio del punto 4 le dinamiche marketing della case history dei Nutella Biscuits (qui il post di approfondimento) dove la scarsità della disponibilità dei biscotti aveva contribuito a trasformarli in un vero e proprio “oggetto del desiderio”.

Come farsi notare nel “messy middle”

A questo punto lo studio Google del 2020 propone 4 key action per muoversi all’interno del Messy middle:

  • Garantire la presenza del brand in modo strategico affinché il tuo prodotto o servizio sia notato e ricordato dai clienti mentre esplorano le opzioni.
  • Applicare i principi delle scienze comportamentali in modo intelligente e responsabile per rendere la tua proposta convincente quando i consumatori valutano le opzioni.
  • Avvicinare il momento del trigger a quello dell’acquisto in modo da ridurre il tempo di esposizione dei tuoi clienti esistenti e potenziali a brand concorrenti.
  • Creare team flessibili e competenti per andare oltre il branding tradizionale ed evitare barriere tra reparti che rischiano di lasciare spazi vuoti nel percorso decisionale dei consumatori.

Nell’aggiornamento di settembre 2023, sono di fatto confermate le linee del precedente lavoro con alcune riflessioni nuove. Viene confermata la centralità del brand in termini di affidabilità e fiducia nei suoi confronti. I bisogni di informazione e il superamento delle barriere psicologiche possono fare la differenza, così come l’ottimizzazione delle informazioni sui diversi canali per la gestione delle differenti esigenze informative. In altre parole porre le basi per avvicinare il più possibile il momento del trigger con quello dell’acquisto.

E in biblioteca?

E’ chiaro che Google privilegia un approccio commerciale e che le sue finalità sono quelle di promuovere e sostenere l’uso degli annunci e delle pratiche di automation. Pratiche che non si adattano all’ambiente bibliotecario (e istituzionale in generale) perché difficilmente possono esserci le condizioni, ad esempio, di affrontare una campagna promozionale basata su sponsorizzazioni. Sono in realtà gli altri due punti suggeriti da Google che possono trovare applicazione anche nel nostro contesto: creatività e test.

La creatività, applicata alle scienze comportamenti può aiutare a migliorare visibilità del brand biblioteca: iniziative e azioni di promozione che sfruttano, ad esempio, meccanismi di gratificazione, coinvolgimento, … Il bias della gratuità è senza dubbio un elemento da sfruttare (senza esagerare). Il test, che apparentemente può sembrare banale è invece una pratica da introdurre in modo sistematico. Quali sono stati, ad esempio, i post che hanno avuto maggior engagement ? Quale le iniziative che hanno migliorato la visibilità della biblioteca?

Disordine vs eccellenza

E’ anche vero che la biblioteca e il settore culturale non è estraneo alle caratteristiche del messy middle. Il “disordine” insito nel termine “messy” si riferisce alla complessità e alla mancanza di linearità che spesso caratterizza il viaggio dei nostri utenti in rete. Paradossalmente, quella che sembra una situazione ingovernabile può rivelarsi uno spazio di opportunità puntando proprio sugli elementi di eccellenza del nostro settore: offrire consigli pertinenti, mostrando il valore dell’offerta dei servizi e la semplicità nell’accesso e nella fruizione degli stessi.

In un certo senso il conoscere il messy middle e il suo livello elevato di entropia rappresenta un vantaggio competitivo da sfruttare. Infatti, la soluzione non è quella di non accettare il ciclo disegnato da Google e respingerlo come non attinente o non applicabile. Quanto piuttosto, ancora una volta, fornire ai nostri pubblici le informazioni e le rassicurazioni di cui hanno bisogno per consentire loro di prendere le loro decisioni e sceglierci.


L’immagine di copertina è di Google, tratta da QUI