I 4 spazi della biblioteca al tempo dell’onlife

Il tema degli spazi fisici della biblioteca e della loro organizzazione è stato oggetto nel 2012 di un interessante lavoro. Gli autori: Henrik Jochumsen, Dorte Skot-Hansen e Casper Hvenegaard Rasmussen dell’Università di Copenaghen: I quattro spazi, un nuovo modello di biblioteche pubbliche. In quel periodo le biblioteche pubbliche danesi si riorganizzavano con l’obiettivo di aggiornarne il ruolo della biblioteca nella società della conoscenza. E, nello stesso tempo, individuare “nuovi concetti per gli spazi fisici”. Utilizzato nella programmazione di diverse strutture il modello dei 4 spazi è alla base del Model programme for public libraries (*) adottato dalle biblioteche fra le quali anche DOKK1, la biblioteca di Aarhus.

Il punto di partenza del modello sono le “quattro funzioni delle biblioteche contemporanee”:

  • responsabilizzazione (empowerment) dei cittadini/utenti attraverso la loro crescita culturale
  • innovazione (innovation): la biblioteca come facilitatore per la creazione di idee nuove e nuova conoscenza.
  • partecipazione (involvement/engagement): che vede un ruolo attivo dei pubblici/utenti. È l’idea della biblioteca anche come centro di aggregazione e incontro.
  • esperienza (reckognition/experience): intesa come capacità di offrire emozioni e sensazioni, oltre che servizi.

I 4 spazi

I 4 spazi si delineano a partire da queste funzioni e si articolano, rispettivamente in spazio di ispirazione, apprendimento, incontro, performativo.

Schema tratto dal lavoro di Jochumsen &co. Per ingrandire, qui

A ogni spazio si lega una attività specifica:

  • allo spazio di apprendimento, la scoperta
  • a quello d’incontro, la partecipazione
  • lo spazio di ispirazione ha associata l’esperienza
  • nello spazio performativo troviamo la creatività.

Lo spazio di apprendimento rappresenta la mission “storica” della biblioteca. Il performativo è lo spazio operativo in cui si collocano iniziative come, ad esempio, i fablab e i makerslab (un esempio). Gli spazi di ispirazione comunicano emozioni, sono dedicati all’azione culturale (sale espositive, auditorium, palcoscenici, …). E poi c’è lo spazio d’incontro che facilita scambi e interazione fra le persone, presenza propedeutica alla definizione di terzo luogo.

I cambiamenti dello “spazio” digitale

Nel Model program for public library (pubblicato fra il 2012 e il 2015), c’è anche una sezione dedicata agli spazi digitali in biblioteca. Sono descritti come infrastrutture di servizio (postazioni, connessione alla rete, …) e come canali o piattaforme: siti web e cataloghi online. Non sono citati i social. È evidente che è una visione datata. Dopo oltre dieci anni dalla prima uscita, lo scenario in cui opera la biblioteca è profondamente cambiato. Il digitale non è più solo servizio e lo sappiamo bene.

Phygital

Il processo trasformativo di questi anni ha creato le condizioni di un incontro fra gli spazi fisici e digitale, in una nuova dimensione phygital (fisica e digitale). Il phygital trova un punto di incontro fra fisico e digitale, ma mantiene una distinzione tra i due. Infatti, punta a un’interazione potenziata tra fisico e digitale, con componenti distinte che collaborano in un’esperienza arricchita ma non unificata.

L’esperienza “onlife”

Il concetto di “onlife”, definito da Luciano Floridi, proietta la biblioteca in una dimensione in cui i confini tra fisico e digitale si sfumano. Si crea, così, una continuità esperienziale che è al contempo immersiva e senza barriere. In questa visione, si può ipotizzare che la biblioteca “onlife” abbracci e amplifichi ciascuno dei quattro spazi. In quella che è una realtà in cui l’utente non distingue tra online e offline, muovendosi in un ambiente unico e continuo. Questa esperienza “onlife” non significa semplicemente offrire risorse digitali, ma piuttosto creare una biblioteca che l’utente possa “abitare” senza percepire limiti tra il fisico e il virtuale. Così, le attività legate ai quattro spazi trovano nuove declinazioni. L’apprendimento coinvolge piattaforme di formazione online. L’incontro si estende in comunità digitali. L’ispirazione include esperienze culturali immersive e la performatività si declina in laboratori creativi non solo fisici.

Da spazi a luoghi “onlife”: la nuova visione

Al di là del concetto di onlife e della dimensione phygital, quello che è certo è che il digitale coinvolge in modo significativo i rapporti fra le persone. E questo è il motivo per cui la trasformazione da spazi a luoghi diventa inevitabile. Un cambiamento che evoca l’evoluzione da “entità geografica” a “entità socioculturale”. Una distinzione che ne richiama, come ricordano Stefano Zamagni e Paolo Venturi, un’altra di più antica memoria: quella tra urbs e civitas. Urbs da cui la parola italiana “urbe”, è la “città delle pietre”; la civitas era per gli antichi romani la “città delle anime”(*)

Quindi, la biblioteca, oltre a offrire accesso alla conoscenza, si fa “città delle anime”, un terzo luogo senza confini, capace di accogliere, sostenere e ispirare attraverso relazioni, creatività e inclusione. In questa nuova dimensione “onlife”, la biblioteca si posiziona come punto di riferimento socio-culturale e spazio di aggregazione, non legato ai limiti geografici ma aperto a una fruizione continua e immersiva, in linea con i bisogni di una società in continua evoluzione.


(*) al momento dell’aggiornamento del post. il link originale al Model program for public library, ma i suoi contenuti sono ripresi in queste slides, ancora accessibili

(**) Stefano Zamagni e Paolo Venturi, Short paper: Da Spazi a Luoghi: https://www.aiccon.it/short-paper-spazi-luoghi/